09 maggio 2008

TEMA ARGOMENTATIVO: Ambito artistico-letterario ----> La piazza come luogo di incontro e formazione della cultura

La piazza, come elemento fisico, è un largo spazio in mezzo ad un centro abitato.
L’idea di piazza nasce nella civiltà greca dove prende il nome di agorà; essa era l’elemento
attorno al quale si sviluppava innanzitutto la vita politica delle città, le poleis, poiché qui si riunivano le assemblee per discutere delle leggi. Era anche un centro economico, religioso e culturale: vi si svolgeva ogni tipo di attività come il mercato, le cerimonie religiose e le discussioni politiche e non.
Con il passare degli anni e dei secoli la piazza ha perso alcuni importanti aspetti che aveva assunto nel mondo Greco antico. Tuttavia ancora oggi, soprattutto nei piccoli paesi di periferia, in alcune piazze, troviamo una forma analoga di ritrovo quale per gli antichi greci era l’assemblea e che negli attuali paesi ha perso la forma di un semplice ritrovo di famiglie, di mamme con i bambini, di anziane signore che si ritrovano nella piazza del proprio piccolo paese magari solamente per fare del pettegolezzo.
È riportata (nella traccia del tema) una figura della piazza di Recanati: la tradizionale immagine di una chiesa con in fronte una piazza che la domenica, dopo la celebrazione della messa, si ritrova ghermita di persone che discorrono tra loro. Il poeta Penna nel 1939, in epoca quindi pressoché moderna, descrive una piccola piazza veneta. Giacomo Leopardi in “il sabato del villaggio” descrive perfettamente la situazione tipica di una piazzetta: “i fanciulli gridano su la piazzuola in frotta, e qua e là saltando, fanno un lieto rumore”.
Le piazze cittadine invece sono sempre molto affollate e piene di persone che, sempre di fretta, camminano veloci.
Quando nono sono così affollate sono spettacoli magnifici, luoghi dove fermarsi, magari alla sera, quando gli impegni della giornata frenetica passata sono finiti.
Ne è un esempio la poesia di Umberto Saba che descrive la piazza di Torino come un luogo bellissimo di ristoro.
Vi è una visione molto positiva della piazza cittadina nella canzone “Piazza Grande” di G. Balzatti e S. Bardotti: “ e la mia casa è piazza Grande”; la piazza di Modena viene descritta dagli autori, tramite un mendicante protagonista della canzone, addirittura come una casa.
Le grandi piazze di città sono anche utilizzate per eventi mondani quali concerti, proteste e manifestazioni politiche, come quella svoltasi lo scorso 5 Aprile in piazza del Duomo a Milano, nella quale l’esponente di PDL Roberto Formigoni ha tenuto un incontro per la campagna elettorale.
W. Gropius, in “Discussione sulle piazze italiane” parla delle piazze come “Cuori” di uno stato; egli dice: “provai a spiegare ai miei studenti che valeva la pena di studiare questo elemento (…) ma gli studenti rifiutarono la mia proposta perché pensavano che l’idea di piazza circondata da portici appartenesse troppo al passato e che non fosse adatta alla vita di oggi”. È proprio questa la mentalità che i giovani, compresa la mia generazione, hanno.
L’esempio più eclatante nella mia esperienza è la piazza del Duomo di Milano, dove spesso mi trovo con i miei amici per andare al cinema e mangiare qualcosa insieme, o altre volte con le amiche per fare compere; ma purtroppo la piazza ormai per noi non è molto più di questo.
Un altro utilizzo di questo elemento, il quale ha conservato, sebbene in minima parte, il valore dell’agorà, la piazza dell’antica Grecia precedentemente citata, è quello religioso.
L’esempio più calzante di questa funzione è la piazza del Vaticano, piazza San Pietro. In questa piazza si svolgono importanti cerimonie religiose ed incontri con i fedeli cattolici; tutte le mattine il Papa recita l’ Angelus, la preghiera che ricorda l’annuncio dell’Angelo a Maria.
Questa bellissima piazza è a me particolarmente cara perché numerose volte mi sono recata a Roma per partecipare a numerosi incontri del Papa con diverse comunità religiose cattoliche.
Questo è ben rappresentato da una frase di V. Cardarelli: “ecco le piazze romane, dove le persone, giunte in mezzo, scompaiono in profonda vasca, emergono agli orli e le vedi, a distanza, salire la scalinata di San Pietro come se andassero in paradiso”.

Nella mia esperienza non ho avuto grandi esempi di piazza nel mio quartiere o vicino a casa, eccetto ovviamente la piazza del Duomo.
Perciò la piazza che vorrei non è molto diversa dalla descrizione data dal mercante di Piazza Grande: una piazza nella quale potermi riposare, dove potermi sedere su una panchina a parlare con gli amici, una piazza che possa essere per me una seconda casa.
In conclusione la piazza, come affermato da M. Dini, è un elemento che “ospita attività non programmate, spontanee e in questo diventa propaggine del laboratorio culturale”.
La piazza è dunque un luogo di ritrovo, di incontro, un luogo dove ci si riposa, dove si prega o si protesta, dove si canta o si parla. Tutto questo rende la Piazza (con la P maiuscola) un elemento unico e , anche se spesso essa è sottovalutata e svalorizzata è determinante per la cultura.

30 marzo 2008

Dopo un breve riassunto del libro, motivo il disagio esistenziale di Berto

L’ autore di questo libro, Cesare Pavese, racconta la storia di un uomo di nome Berto, un operaio torinese. Egli, durante un periodo trascorso in prigione, conosce un altro detenuto di nome Talino, accusato di aver dato fuoco ad una cascina; quando i due escono di prigione Talino, dopo aver scoperto che Berto era un bravo macchinista, lo convince a seguirlo a Monticello, il suo piccolo paese di campagna, perché lavorasse per la sua famiglia, in particolare per il padre di Talino, Vinverra.
Berto, a malincuore, accetta l’incarico. Arrivato nel paese Berto rimane colpito dal mondo rustico perché era un ambiente completamente diverso da quello in cui lui era nato e aveva vissuto la sua vita fino a quel momento; l’aria sapeva di fieno e le donne avevano la pelle ruvida, ma una di loro, Gisella, la sorella di Talino, era diversa da tutte le altre, era un frutto liscio e succoso in mezzo a tanti altri ruvidi e secchi.
Gisella e Berto si innamorano, ma Talino, che aveva abusato tempo prima della sorella, ingelosito dal loro rapporto uccide Gisella ferendola al collo con un tridente.
La vicenda si conclude con la fuga di Talino e del Vinverra.

Berto è un uomo molto deciso, ma calmo. È da sempre legato ed abituato alla vita di città e si trova catapultato in un “mondo” completamente diverso dal suo dal quale però rimane affascinato.
Egli non sembra vivere, ma sopravvivere, come se in fondo non valesse la pena di fare tanta fatica per trovare un po’ di felicità. Questa situazione sembra cambiare quando Berto comincia a frequentare Gisella e se ne innamora; finalmente le cose cominciano a girare nel verso giusto e ciò che fa sembra avere finalmente un senso. Tutto però svanisce un’altra volta quando Gisella muore uccisa da Talino.
Berto di nuovo sopravvive, non vive, forse perché consapevole e convinto del fatto che ogni cosa bella, ogni cosa che poteva farlo felice prima o poi sarebbe finita o sarebbe stata distrutta.

17 marzo 2008

Libertà vs necessità...il loro rapporto nella storia dell'uomo


Il rapporto tra libertà e necessità da sempre caratterizza una problematica presente e reale per l’uomo.
Vi è innanzitutto l’esigenza di definire queste due parole nel loro significato, per capire il rapporto che intercorre tra di esse.
In una intervista a Salvatore Natoli in una trasmissione di Rai Educational, egli fornisce una propria definizione di libertà portando un esempio che aiuta la comprensione del concetto che vuole esprimere; definisce la libertà citando il celebre filosofo Immanuel Kant: “La libertà è la facoltà di dare alle azioni un inizio assoluto”.
Baruch Spinoza, un noto filosofo, da una efficace definizione della parola libertà definendola “non come una libera decisione, ma libera necessità” .
Infine Hegel descrive questo concetto dicendo: “La libertà è il riconoscimento della necessità”.
Queste definizioni, in particolare le ultime due, pongono la libertà già in relazione alla necessità e ciò dimostra che questo legame sia stretto ed inscindibile.
Il termine necessità non viene considerato da filosofi e critici quanto la libertà; perciò non si possono fornire definizioni complete e totalmente affidabili di questo concetto.
In un glossario online chiamato del dualismo la necessità è definita come l’insieme di tutte le leggi naturali che governano la materia.
Un noto politico, Marco Pannella, dice che la necessità è quasi una condanna, piuttosto che una scelta.
In entrambe le definizioni, più esplicitamente nella prima, la necessità è evidenziata come aspetto che si limita alla materia, alla fisicità dell’uomo, dove ogni cosa che non sia materia, come ad esempio la ragione, è contemplata nell’ambito della libertà.
Nella storia la problematica del rapporto tra libertà e necessità è sempre emersa come grande interrogativo dell’uomo: Antonio Vento, docente dell’Università La Sapienza di Roma, afferma in un articolo: “la storia dell’uomo è ricca di esempi di sublime ricerca della libertà, a partire da uno stato di necessità. D’altronde non sussisterebbe un problema della libertà, se l’umanità non soffrisse il giogo dell’immanenza e della necessità”.
Egli ritrova il rapporto tra libertà e necessità anche nell’ambito dei regimi politici affermando che essi, basandosi su un’ideologia che ha come fondamento la necessità, privata però del suo rapporto con la libertà, annullando così la libertà stessa.
Un esempio calzante di regime politico è il comunismo che viene descritto da Karl Marx, il fondatore di questo regime, come “la vera risoluzione dell’antagonismo tra la libertà e la necessità”.
Questa problematica è oggi più che mai presente; nella seconda parte dell’intervista a Salvatore Natoli, già precedentemente citato, egli evidenzia come il progresso, man mano che si protrae nel tempo, tenda ad annullare il rapporto tra libertà e necessità, nascondendo sempre di più la libertà dalla ragione umana e mantenendo solamente la necessità.
Dunque oggi, come in passato, uno dei valori più caratteristici dell’uomo, la libertà, viene tralasciata e soffocata per togliere alle persone il potere di ribellarsi ad una società che con le ideologie, espresse dai regimi politici, vuole ridurre l’uomo a pura necessità, a puro istinto, rendendolo così manipolabile e domabile.