30 marzo 2008

Dopo un breve riassunto del libro, motivo il disagio esistenziale di Berto

L’ autore di questo libro, Cesare Pavese, racconta la storia di un uomo di nome Berto, un operaio torinese. Egli, durante un periodo trascorso in prigione, conosce un altro detenuto di nome Talino, accusato di aver dato fuoco ad una cascina; quando i due escono di prigione Talino, dopo aver scoperto che Berto era un bravo macchinista, lo convince a seguirlo a Monticello, il suo piccolo paese di campagna, perché lavorasse per la sua famiglia, in particolare per il padre di Talino, Vinverra.
Berto, a malincuore, accetta l’incarico. Arrivato nel paese Berto rimane colpito dal mondo rustico perché era un ambiente completamente diverso da quello in cui lui era nato e aveva vissuto la sua vita fino a quel momento; l’aria sapeva di fieno e le donne avevano la pelle ruvida, ma una di loro, Gisella, la sorella di Talino, era diversa da tutte le altre, era un frutto liscio e succoso in mezzo a tanti altri ruvidi e secchi.
Gisella e Berto si innamorano, ma Talino, che aveva abusato tempo prima della sorella, ingelosito dal loro rapporto uccide Gisella ferendola al collo con un tridente.
La vicenda si conclude con la fuga di Talino e del Vinverra.

Berto è un uomo molto deciso, ma calmo. È da sempre legato ed abituato alla vita di città e si trova catapultato in un “mondo” completamente diverso dal suo dal quale però rimane affascinato.
Egli non sembra vivere, ma sopravvivere, come se in fondo non valesse la pena di fare tanta fatica per trovare un po’ di felicità. Questa situazione sembra cambiare quando Berto comincia a frequentare Gisella e se ne innamora; finalmente le cose cominciano a girare nel verso giusto e ciò che fa sembra avere finalmente un senso. Tutto però svanisce un’altra volta quando Gisella muore uccisa da Talino.
Berto di nuovo sopravvive, non vive, forse perché consapevole e convinto del fatto che ogni cosa bella, ogni cosa che poteva farlo felice prima o poi sarebbe finita o sarebbe stata distrutta.

17 marzo 2008

Libertà vs necessità...il loro rapporto nella storia dell'uomo


Il rapporto tra libertà e necessità da sempre caratterizza una problematica presente e reale per l’uomo.
Vi è innanzitutto l’esigenza di definire queste due parole nel loro significato, per capire il rapporto che intercorre tra di esse.
In una intervista a Salvatore Natoli in una trasmissione di Rai Educational, egli fornisce una propria definizione di libertà portando un esempio che aiuta la comprensione del concetto che vuole esprimere; definisce la libertà citando il celebre filosofo Immanuel Kant: “La libertà è la facoltà di dare alle azioni un inizio assoluto”.
Baruch Spinoza, un noto filosofo, da una efficace definizione della parola libertà definendola “non come una libera decisione, ma libera necessità” .
Infine Hegel descrive questo concetto dicendo: “La libertà è il riconoscimento della necessità”.
Queste definizioni, in particolare le ultime due, pongono la libertà già in relazione alla necessità e ciò dimostra che questo legame sia stretto ed inscindibile.
Il termine necessità non viene considerato da filosofi e critici quanto la libertà; perciò non si possono fornire definizioni complete e totalmente affidabili di questo concetto.
In un glossario online chiamato del dualismo la necessità è definita come l’insieme di tutte le leggi naturali che governano la materia.
Un noto politico, Marco Pannella, dice che la necessità è quasi una condanna, piuttosto che una scelta.
In entrambe le definizioni, più esplicitamente nella prima, la necessità è evidenziata come aspetto che si limita alla materia, alla fisicità dell’uomo, dove ogni cosa che non sia materia, come ad esempio la ragione, è contemplata nell’ambito della libertà.
Nella storia la problematica del rapporto tra libertà e necessità è sempre emersa come grande interrogativo dell’uomo: Antonio Vento, docente dell’Università La Sapienza di Roma, afferma in un articolo: “la storia dell’uomo è ricca di esempi di sublime ricerca della libertà, a partire da uno stato di necessità. D’altronde non sussisterebbe un problema della libertà, se l’umanità non soffrisse il giogo dell’immanenza e della necessità”.
Egli ritrova il rapporto tra libertà e necessità anche nell’ambito dei regimi politici affermando che essi, basandosi su un’ideologia che ha come fondamento la necessità, privata però del suo rapporto con la libertà, annullando così la libertà stessa.
Un esempio calzante di regime politico è il comunismo che viene descritto da Karl Marx, il fondatore di questo regime, come “la vera risoluzione dell’antagonismo tra la libertà e la necessità”.
Questa problematica è oggi più che mai presente; nella seconda parte dell’intervista a Salvatore Natoli, già precedentemente citato, egli evidenzia come il progresso, man mano che si protrae nel tempo, tenda ad annullare il rapporto tra libertà e necessità, nascondendo sempre di più la libertà dalla ragione umana e mantenendo solamente la necessità.
Dunque oggi, come in passato, uno dei valori più caratteristici dell’uomo, la libertà, viene tralasciata e soffocata per togliere alle persone il potere di ribellarsi ad una società che con le ideologie, espresse dai regimi politici, vuole ridurre l’uomo a pura necessità, a puro istinto, rendendolo così manipolabile e domabile.